n.77

L’ombra, questa ombra non tanto lieve che ci sta accanto – ognuno ha la propria, per la quale ha inventato un nome. A volerla davvero lasciare, dovremmo affidarla a un corpo lontano, perché la luce non ce la renda disperdendola di nuovo. Ma in un corpo è sempre una voce, un canto, un rumore e chissà quante altre forme ancora, sparse.

n.76

A volte mi si chiede cosa sia un poeta o, persino, dove una parola qualsiasi finisca di appartenere al discorso per farsi poesia.
Un poeta, si direbbe, è un violino, la cavità di un tronco, lo strumento attraverso il quale il suono si fa musica e la tempesta voce di albero, e che, quando risuona, sembra essere il solo al centro della musica e della tempesta che imperversa. Ma, per la maggior parte del tempo, un poeta è silenzio. Silenzio sempre accordato, però.
Più intricata la questione della parola, invece. Nessuna è poetica in sé ma, tante o poche, tutte insieme fanno la poesia. Del resto, come decidere dove un filo d’erba inizia a farsi prato?

n.75

In questi pomeriggi di sole, prendo spesso un foglio bianco e della carta vetrata, e mi siedo sotto un tiglio. Inizio a sfregare la superficie liscia senza bucarla, sino alle ossa sepolte, sino al reperto: un testo in tedesco da ricopiare con cura, strappato al silenzio.

n.74

Il limite di un’opera non sta nell’essere compiuta o solo pensata. Ci sono pagine meravigliose nelle intenzioni che resteranno tali. Ci sono poi opere scritte e accantonate che continuano a modificarsi per decenni, ma senza che si tocchi una parola. La misura è già definitiva e il silenzio le accarezza e non le sciupa.

n.72

Ci sono strumenti in cui più chiara è l’origine del suono: la viola, il violino, talvolta il pianoforte.
Lo sfregamento di una corda, il battito di un martelletto, il cigolio del legno in una vena della cassa armonica, ricordano lo scricchiolare delle ossa, il cedimento improvviso della voce che si fa corpo.

n.70

Cos’è la fitta, il colpo che senza pace rintrona dentro, come non ci fosse mai abbastanza vuoto, abbastanza spazio per smorzarlo? Però nel libro c’è una scomparsa, una morte forse, ma non so di chi: la mia? la sua?
La morte non è mai astratta, perché ha bisogno di un corpo e di affetti da recidere per compiersi: un sasso che si sgretola non muore.

Seppellitemi in montagna

Seppellitemi in montagna, evitando il disgustoso catering del funerale. A piangermi penseranno i temporali, a portarmi un fiore le stagioni. Più giro nei cimiteri, più resto incredulo dell’oltraggio dei vivi ai morti. Altrimenti, lasciatemi insepolto di fronte a una boutique, a una banca, o a una gioielleria, a puzzare e sputare vermi, atto certo meno rivoltante che usurarsi (o usurare) in prestiti, gadget, gioielli.