Questa terra, su cui non lascio
impronta ma uno stralcio azzurro,
mentre salgo in preda al sole
dei morti, in un requiem di cicale
e api, questo suolo imperforabile
fa eco al nulla, su cui calpesto
tane delle bestie a cuore fermo
mentre passo, acquattate alle radici
grasse delle piante e nell’oblio
dell’erba pesta sparse nel colore
giallo delle campagne, aguzzando
udito e pelo, questa landa desolata,
dai cui ruderi isolati, simulacri
di sonno, si affaccia un volto solo
ad ogni ora e su tutti soffia identico
quel nome incomprensibile,
lascia all’anima deporre il peso
in una nicchia assolata.
[su una pagina, di getto, seduto in una pietraia]
Davvero stupenda!
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La ringrazio. Un saluto, F.
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Un ottimo testo, te lo rubo per il Domenicale del 10 ottobre
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Va bene, grazie di aver lasciato un segno di passaggio. F.
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ottima poetica
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Non eri solo… è passata una condivisione di suoni e profumi calpestati, consacrati.
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Ti ringrazio di questo messaggio, Mario.
Si spera sempre, come ho scritto nel pensiero di poco fa, che ogni testo sia stato sufficientemente ripulito della propria biografia, prima di affidarlo a quella di un altro.
Un saluto
F.
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