Lettera: Finale Ligure, 18 Febbraio 2007

 

caro *,

è grave – come dici tu – che qualcuno si senta il nuovo Eliot, il nuovo Contini, il nuovo Pasolini, proprio perché chi porta la croce di un altro rinuncia innanzi tutto al proprio corpo. In ogni caso, per rendere almeno da un punto di vista teorico accettabile la cosa, bisognerebbe rimettere in discussione le figure del passato e indicare chiaramente un canone condiviso di autori, in qualche modo originali in tutto, sui quali chiudere una volta per tutte il cerchio dei riferimenti. Diversamente, se * è il nuovo Eliot e, a suo tempo, Eliot fu il nuovo Dante (per dire) e Dante il nuovo Omero etc. dove si giungerà mai a un punto fermo? Oppure è così dimostrabile che, per via di alcune crescenti imprecisioni, alla fine si può sottotraccia collegare qualsiasi cosa a qualsiasi altra, senza scrupolo o motivazione? Vedi anche tu come diventa subito vizioso il circolo dei ragionamenti e tremendamente inutile la conversazione. Bene, ti parrà pure strano quello che ti dico, ma ho sentito * parlare con * per ore proprio in questo modo, come i ragazzini possono divertirsi a scambiare i ruoli dei giocatori in una squadra di calcio, per vincere una partita di figurine.
Sull’attacco all’uno per colpire l’altro, ho maturato anche io qualche esperienza diretta. * mi accusò un giorno di marxismo sulla scorta di certe mie posizioni contrarie ai maldestri tentativi di alcuni di vendere più libri di poesia, allegando alle copie disegni originali o cd audio (e perché allora non generi di prima necessità: pasta, olio, confetture?). Fu per * solo un modo, ai suoi occhi originale, di rivendicare una diversa ideologia? Soprattutto: ho mai dato io indicazione di qualche militanza/sudditanza all’una o all’altra parte attraverso i miei scritti? Per il momento mi pare che si possa piuttosto scrivere di me qualsiasi cosa, proprio al di fuori di qualsiasi chiara connotazione politica. In altra occasione, * ha stigmatizzato certi miei versi nel modo in cui è solito fare con quelli di *, prendendo così spunto per chiamarlo in causa e intavolare la solita litania intorno alla sua pietosa salma. Per questo ho perso la voglia di scrivere su * e su * e ho deciso anzi di abbandonare questi luoghi: mi sento come quando da qualche parte, a una conferenza o a teatro, ci si siede in fondo ad osservare il penoso spettacolo di quelli seduti avanti, nelle file prime specialmente, intenti a stirare il collo, dimenarsi, aprire bene le gambe, per raccogliere l’attenzione di chi è sul palco, vederlo meglio, perdendo invece le battute, che potrebbero benissimo ascoltare nel profondo chiudendo gli occhi.
Dell’ultimo lavoro con Ilaria, ho già distribuito diverse copie, ma non ho dato indicazioni a nessuno perché ne parli bene, in cambio, magari, della stessa cortesia. Non a caso, mi pare che nessuno ad oggi ne abbia in fondo parlato molto e questo è un bene e al tempo stesso un indizio, una indicazione chiara su quale sia la strada da seguire.
Certo, la situazione non è nuova, Bel ami non fu un libro scritto per caso già ai tempi, ma è allora evidentemente inutile continuare ad aprire e chiudere frettolosamente fanzine, gestite dalle stesse persone, che si dividono in redazioni di quattro o cinque ogni volta, secondo tutte le possibili combinazioni e iniziano a dibattere tra loro del senso della poesia, creando una complicata rete di relazioni che ha più fili che nodi, distinguendo tra spazi interni e spazi esterni al sistema, decidendo anzi quale sia il sistema, tracciando confini che piano, piano diventano mura turrite di cittadelle medievali. Tutto questo perché la tendenza non è mai a distinguere entro l’orizzonte (le mele dalle pere sul tavolo), ma in verticale, secondo altre indicazioni mai chiaramente espresse e spesso opinabili (frequenti i casi di autori improvvisamente “riscoperti e dimenticati”, in tutta velleitarietà).
In questo contesto si inseriscono poi certe attenzioni rivolte alla “poesia di settore”: poesia delle minoranze etniche, poesie delle femmine nate negli anni Settanta, negli anni Ottanta, prosa per teenager, narrativa omosessuale etc. Insomma, la letteratura bene ordinata per reparti come al supermarket, detersivi da una parte, cosmetici e alimentari dall’altra. Ritrovo in tutto questo gli stessi meccanismi insopportabili dello show-business e riesco solo un po’ a riderne di gusto richiamando la Metafora intelligente di Dar’ja Suchovej « la gente compra appartamenti / in un vecchio fondo / abbatte tutte le pareti interne / ne alza di nuove / io raccolgo grossi pezzi di intonaco / e con quelli scrivo sulle eterne pareti / delle medesime case / // lo faccio senz’altra ragione / che quella di / giustificare simili imprese / con una metafora intelligente ».
Per questo ti scrivevo della pagina bianca, dell’assenza e della purezza che accompagnano il suo anonimato: perché è un atto di giustizia verso la propria felicità prendersi del tempo. Meglio i fiori e la neve, meglio un’aria fresca di bosco questa notte e che non oppone resistenza e – come dici tu – sapere in questo che questa poesia appartiene a chi la legge. Sue sono le labbra e sua la vita in cui la porta. Di questo è fatta e per questo vive indipendentemente. Non possiamo continuare ad ingombrare ovunque, sempre con il fardello di un corpo, dichiarando di essere come un altro, anzi di proprio lui, non un figurante, messo lì d’ufficio in scena a riempire meglio un vuoto.

Un abbraccio
F.

 

 

 

A compendio di questa lettera e con particolare riferimento alla discussione che si è sviluppata successivamente nei commenti, riporto qui di seguito un estratto da una lettera di Lucio Fontana a Enrico Crispolti.

 

«Come tu sai, già dal lontano 1930 la mia ricerca non era astratta, ma intuitivamente portata alla scoperta di una nuova dimensione “ideale”, la ricerca ossessionante in arte che la scultura perdesse quel senso monumentale, statico, la pretesa di perpetuarsi nei secoli,l’intuizione della fine dell’arte, di questo oggi ne sono sempre più convinto, l’arte non è una necessità fisica dell’uomo e come tale può benissimo essere superata dalla evoluzione dell’intelligenza dell’uomo contemporaneo. Le scoperte scientifiche, l’evoluzione del pensiero scoprono chiaramente che l’arte è stata una delle manifestazioni per l’evoluzione dell’intelligenza, l’arte può benissimo essere sostituita nella continuazione di una nuova forma di progresso umano… Ho fatto questa premessa, quasi per scusarmi che il manifesto bianco non è nato dal nulla, ma suggerito dal Futurismo e lungamente meditato. » †

 

† Lettera a Crispolti, Milano, 28-9-1960. Crispolti 1971, p.88

 

4 thoughts on “Lettera: Finale Ligure, 18 Febbraio 2007

  1. Oggi leggevo su un libro proprio questo estratto dalla lettera di Fontana che ho riportato in appendice alla mia. Credo sia un discorso molto attuale e che, applicato alla poesia, possa aiutare a ridefinirne con chiarezza l’ambito. Soprattutto mi pare che ponga chiaramente in luce il ruolo aperto e, in qualche modo, subalterno dell’arte rispetto all’evoluzione spirituale dell’umanità, in vista della quale risulta una delle componenti, ma *non* la componente esclusiva. E’ questo un punto di vista che mi trova assolutamente d’accordo.

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  2. Rimettendo lin ordine la corrispondenza di questo ultimo anno, scopro che il tema del potere (sterile) della critica è stato spesso al centro delle discussioni e ancora di più mi spiace talvolta dovere nascondere dietro a un asterisco il nome di un amico o di una amica.
    Oh, non è tutto questo che sognavo, né quello che vorrei, ma fatico a vedere diversamente le cose e a non riderne segretamente. E allora, perché, invece di fare “poesia”, non ce ne andiamo tutti serenamente a bere e a ballare “24000 Baci” o l’ultimo singolo dei Chemical Brothers in una notte di fine Agosto al Billionaire?

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  3. vero Federico, ormai (o è sempre stato?) il tutto somiglia a un supermercato. tutti che si lamentano (a ragione forse?) di voler essere riconosciuti (per strada?) e allora l’impegno è di stringere mani e regalare sorrisi e belle recensioni nella speranza che il ‘commendatore’ di turno si ricordi… oggi (la critica?) i critici sono divenuti dei Caronte che traghettano morti.

    un abbraccio

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